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I ragazzi di Selvino di Livia Noris [indietro][avanti]
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  • In attesa di nuova vita

    Uno dei ragazzi passati da Selvino ricorderà anni dopo quella esperienza:
    "Mi sono chiesto più di una volta perché la casa di Selvino sia rimasta così profondante impressa nella nostra memoria. Forse perché era un posto così isolato, tagliato fuori dal mondo, fra le montagne? No, è perchè quella casa aveva accolto bambini così isolati, così tagliati fuori dal mondo! Bisogna considerare in quali condizioni fisiche e spirituali ci trovavamo quando giungemmo a Selvino.
    Non avevamo quasi coscienza delle nostre origini ebraiche, la vergogna e il marchio di infamia che alcuni di noi avevano impresso sul braccio da parte di coloro che ci odiavano era tutto quel che testimoniava le nostre origini.
    Eravamo estranei e distanti dal nostro paese...non dimenticherò mai i soldati che, venendo a parlare con noi , ci resero orgogliosi di essere ebrei. Le parole non possono esprimere la loro dedizione... ci riavvicinarono a noi stessi, alla nostra patria al nostro retaggio ebraico."
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    Chaya Finkielsztejn e la figlia Chana a Selvino, entrambe ospiti a Sciesopoli
    (fonte: sito http://www.radzilow.com/index.htm)


    I bambini e i ragazzi che erano arrivati a Selvino come profughi avevano alle spalle diverse esperienze, diverse lingue, ma una identica devastazione spirituale: non sapevano più chi erano e a cosa appartenevano.
    A Sciesopoli trovarono una rinnovata identità, impararono l'ebraico e iniziarono a sognare una nuova vita in una patria in cui non avrebbero può dovuto subire le violenze e gli umori di una maggioranza ostile e dove avrebbero potuto finalmente diventare e padroni del proprio destino.
    Ma la strada verso la terra della libertà e del riscatto era lunga e difficile, la Palestina era sotto il mandato britannico e l'Inghilterra coloniale prima aveva incoraggiato l'immigrazione ebraica, nella convinzione che avrebbe migliorato l'economia della regione, poi l'aveva ostacolata per i problemi di ordine pubblico che erano sorti fra ebrei e arabi.
    A fronte delle centinaia di migliaia di profughi che volevano lasciare l'Europa, Il governo mandatario britannico rilasciava soltanto millecinquecento permessi al mese.
    Solo pochi dei ragazzi di Selvino poterono espatriare legalmente fra il '45 e il '48, per gli altri l'unica possibilità di raggiungere la Palestina era l'imbarco sulle navi, organizzate dal '45 dagli uomini della Brigata Ebraica, che trasportavano i clandestinamente i profughi fra le coste italiane e le coste del futuro stato di Israele.

    1Aharon Megged "Il viaggio verso la Terra promessa" Aharon Megged ed Mazzotta 1997

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    A cura della Associazione Italia Israele di Bergamo [indietro][avanti]


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