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I ragazzi di Selvino di Livia Noris [indietro][avanti]
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  • I ragazzi di Selvino

    All'inizio erano i ragazzi ospitati a Selvino, nella colonia Sciesopoli, erano una ventina, più gli istruttori che erano volontari provenienti dalla comunità ebraica di Milano o militari della Brigata Ebraica, ma il numero dei bambini andò aumentando di giorno in giorno.
    Alla fine saranno 800 in tutto i ragazzi ebrei che passeranno fra le mura della colonia selvinese.





    Foto di gruppo davanti alle lapidi con i nomi dei benefattori della colonia Sciesopoli
    (fonte: sito http://www.ushmm.org )


    I militari della brigata ebraica vi portavano i bambini trovati nei campi profughi o nei centri di raccolta del Nord Italia.
    "Arrivavano in piccoli gruppi, anche uno alla volta, due fratelli, un fratello e una sorella. Magri, scheletrici, spaventati, molti erano malati.
    Arrivò Alter, sedici anni, nato in un piccolo villaggio dei Carpazi, che aveva vagato per le foreste, era stato catturato e aveva lavorato nel campo di concentramento di Koenigskirchen a scavare fosse per le migliaia di cadaveri di ebrei che vi erano morti; era ammalato di tifo quando era stato liberato dal campo.
    Arrivò Aharon, tredici anni, con il fratellino di nove, proveniente dai campi in Transnistria, dopo aver vagato tra mille pericoli a piedi e in treno fra la Bessarabia, la Romania, la Jugoslavia e l'Italia.
    Arrivò Maikale, tredici anni, unica sopravvissuta della sua famiglia nel ghetto di Munkacz, dopo essere passata attraverso gli orrori di Auschwitz-Birkenau.
    Arrivarono i fratelli Adam e Berrik, che erano stati nel ghetto di Lodz, ad Auschwitz, a Mauthausen e a Gusen..."
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    Gli educatori li accoglievano sulla porta, li facevano entrare, parlavano con ognuno di loro, annotavano tutti i loro dati in ufficio, poi li accompagnavano per i lunghi corridoi fino ai dormitori, dove ad ognuno era assegnato un letto e un armadietto, e dicevano loro: "Questa sarà la tua casa."
    Dopo anni d'inferno fatto di fughe e privazioni a molti sembrava di essere arrivati in un paradiso, tale sembrava ai loro occhi un luogo in cui per la prima volta dopo anni trovavano cura e conforto, in cui la morte e la malvagità non avevano potere, in cui non si era costretti a lottare continuamente per la propria vita, in cui l'infanzia non era violata ma protetta.
    1 Aharon Megged "Il Viaggio verso la terra Promessa" ed. Mazzotta - 1997

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    A cura della Associazione Italia Israele di Bergamo [indietro][avanti]


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