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Da S. Agata ad Auschwitz di Silvio Cavati [indietro][avanti]
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  • La cattura

    L’incarico di arrestare gli ebrei è svolto per lo più dalle normali forze di pubblica sicurezza, carabinieri in particolare, confluite nella Guardia Nazionale Repubblicana, gli arresti si configurano come piccole operazioni di polizia contro gente inerme e considerata non pericolosa, da qui la facilità della cattura, ma anche la facilità della fuga.
    In alcuni casi il comportamento di chi è incaricato dell'arresto agevola la fuga, come nel caso del comandante della stazione di Serina: apertamente contrario all’ordinanza di arresto degli ebrei, dopo averne informato le tre famiglie ebree presenti a Serina, scende a Bergamo per chiedere ulteriori istruzioni, lasciando nel frattempo gli ebrei liberi e senza sorveglianza nelle loro abitazioni; impiegherà ben tre giorni ad andare e tornare, dando così il tempo a chi ha avuto il coraggio di darsi alla fuga di mettersi in salvo.
    Il suo dissenso non si spinge però all’aperta disobbedienza: arresta e accompagna alle carceri di Bergamo le altre due famiglie che sono rimaste in luogo.
    Diverso è il comportamento del maresciallo di Ambivere, che arresta le sette donne della famiglia Levi, come ricorda una amica di famiglia dei Levi:

    Mio padre mi chiama ed insieme andiamo a casa Levi; papà si inginocchia davanti al maresciallo, lo invoca di lasciarle andare, gli suggerisce di dire che non le ha trovate.
    Il maresciallo risponde: ”Non si preoccupi, signor Perico, è solo per un interrogatorio”. Clara non si trovava in casa, era a scuola a Bergamo (avrà avuto allora 13-14 anni). L’hanno aspettata che arrivasse con il treno e le hanno portate via.1

    E’ il caso di sottolineare che il numero degli internati liberi presenti sul territorio è ben superiore a quello degli arrestati: tredici sono gli internati liberi deportati, mentre dai documenti esaminati è stato possibile identificarne almeno 38; molti quindi sono stati messi per tempo sull’avviso e sono riusciti a fuggire, come è documentato dalle carte della Prefettura e da numerose testimonianze. Fra gli arrestati qualcuno riesce ad evitare la deportazione: Olga Levi residente a Milano, sfollata dopo il bombardamento del 14 febbraio 1943 a Calolziocorte presso il fratello Gerolamo, è arrestata il 2 dicembre 1943; sarà liberata dopo 3 mesi di carcere, il 9 marzo 1944, in quanto riconosciuta figlia di matrimonio misto e discendente da “ramo materno ariano, cattolico, cristiano”.
    Non vengono registrati altri arresti nella bergamasca nella seconda metà di dicembre e nel gennaio 1944; gli arresti riprendono nel mese di febbraio: altri otto ebrei vengono catturati e tradotti nelle carceri cittadine.
    Nei mesi successivi gli arresti si diradano: se escludiamo l’incursione presso l’ Istituto Palazzolo di Torre Boldone che porta alla cattura di sei ebrei lì nascosti, troviamo un arresto a marzo, due a giugno, uno ad agosto, per poi cessare del tutto. Sicuramente dopo i primi mesi del 1944 gli ebrei non sono più reperibili nelle residenze note alle autorità della RSI: quelli che non erano riusciti a fuggire sono stati nascosti e vengono protetti dalla popolazione, per la loro cattura sarebbe necessario il rastrellamento delle baite alpestri o perquisizioni a tappeto nei paesi, operazioni per cui non basta l’impiego dei pochi carabinieri delle stazioni locali, la presenza sempre più consistente delle formazioni partigiane armate rende inoltre insicuro l’avventurarsi di piccoli drappelli alla ricerca degli ebrei nascosti.


    1 Intervista a Maria Perico, Mauro Danesi in Eroismi senza chiasso.Conseguenze e riflessi in ambito locale delle leggi razziali e dell’antisemitismo durante il regime fascista, Bergamo, www.museostorico.org/lavori/mascheroni/Apertura_Indice.htm

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    A cura della Associazione Italia Israele di Bergamo [indietro][avanti]


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