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Stampa e antisemitismo a Bergamo di Mauro Gelfi [indietro][avanti]
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  • L'Eco di Bergamo e il tema dell'antisemitismo

    Il quotidiano cattolico L’Eco di Bergamo, mantenne, come su nessun altro argomento, una posizione fermissima di fronte alla politica antisemita del fascismo almeno sino all’entrata in vigore delle leggi del novembre 1938, dichiarando, a più riprese, la “fallacia della dottrina razzista”1, l’impossibilità ad obbedire a leggi contrarie apertamente alla dottrina cattolica2 e minacciando, attraverso le parole del Pontefice, il fascismo a non intervenire contro quei cattolici che dichiarassero apertamente la loro contrarietà alle teorie razziste: “Chi colpisce l’Azione Cattolica colpisce la Chiesa” 3 è in severo ammonimento.
    Dopo il novembre 1938 l’aspra polemica “di principio” del quotidiano cattolico contro l’antisemitismo ripiega, come per la maggioranza dei periodici cattolici a livello nazionale, nella difesa delle prerogative concordatarie minacciate dalle leggi stesse soprattutto sulla questione dei matrimoni “misti” 4 e nella difesa dei “discriminati”, mentre ampie “concessioni” all’antisemitismo fascista vengono compiute quando si tratta di denunciare la massoneria o il bolscevismo5 .
    Anche per L’Eco di Bergamo dal 1939 gli articoli diminuiscono sensibilmente e si riducono ai dispacci di agenzia e alle “veline” di regime.
    È significativo però notare come, soprattutto negli anni più bui dell’antisemitismo fascista, la Chiesa cattolica fosse tra le poche istituzioni bergamasche a non partecipare alla “caccia” all’ebreo: se l’Esercito si presta a partecipare alle iniziative politiche antisemite, se molte tra le aziende industriali e le banche cittadine comunicano alla Guardia Nazionale Repubblicana, spesso con grande e inutile precisione, i dati riguardanti i possedimenti azionari o i titoli (compresi quelli non nominativi) di cittadini ebrei6 , se gli ordini professionali fanno a gara nel comunicare i nomi di professionisti disposti ad essere inseriti nelle liste dei “sequestratori di beni ebraici” , al contrario, soprattutto alcune strutture ecclesiastiche si dimostrano assai disponibili ad accogliere ebrei braccati.
    Tra i tanti episodi a tal riguardo citiamo quello accaduto a Torre Boldone nell’aprile-maggio 1945, quando cinque ebrei, due di nazionalità italiana e tre greca, fuggono da Milano e ottengono ospitalità presso l’Istituto don Luigi Palazzolo di Trescore; dai verbali dell’interrogatorio effettuato dalla Guardia nazionale repubblicana all’ebreo G.C.C.P., si apprende che allo stesso, dai propri correligionari, “venne consigliato di portarsi nella provincia di Bergamo dove era notorio vi fossero degli Istituti che davano pensione a persone sfollate” senza controlli sull’appartenenza alla “razza ebraica” .


    1Cfr. ad es. La dottrina razzista e un documento della S. Congregazione dei Seminari, in L’Eco di Bergamo, 12 maggio 1938
    2Cfr. ad es. Razzismo italiano, in L’Eco di Bergamo, 15 luglio 1938
    3Parole di luce e di verità dalla sede di S. Pietro. L’universalità della Chiesa e gli eccessi del razzismo. Chi colpisce l’Azione Cattolica colpisce il Papa, in L’Eco di Bergamo, 30 luglio 1938
    4La Chiesa, le razze e il matrimonio, in L’Eco di Bergamo, 15 novembre 1938
    5Cfr. ad es. Complotti ebraico/antifascisti, in L’Eco di Bergamo, 21 ottobre 1938
    6Cfr. ad esempio i fascicoli 58-59 del faldone “Beni appartenuti ad ebrei”, serie I, in Archivio di Stato di Bergamo


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    A cura della Associazione Italia Israele di Bergamo [indietro][avanti]


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