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Da S. Agata ad Auschwitz di Silvio Cavati


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Il racconto di Regina Levy-Zimet

Regina Levy-Zimet, allora dodicenne, ci racconta le tappe della sua fuga da Serina verso la Svizzera assieme alla famiglia:

Papà andò nuovamente nel piccolo negozio dove la sera prima avevano promesso di aiutarci a scappare. Nando, il padrone, era un partigiano. Come la sera prima il suo amico Giuseppe si trovava da lui e vedendo mio padre domandò sorpreso: “Ma non siete fuggiti l’altra sera?”. Allora papà gli raccontò come le altre famiglie ce lo avessero impedito e concluse: “Ma io ho una bambina, dobbiamo cercare di salvarci!”, Giuseppe pensò per un momento e disse: “Se possibile tenetevi nascosti per due giorni, parto subito per Bergamo e organizzerò la vostra fuga in Svizzera; tornerò al massimo fra due giorni: è l’unica e l’ultima occasione per voi!”.1

E’ notte quando due giovani del paese vengono a prelevarli dal provvisorio rifugio e li accompagnano attraverso i boschi verso la stazione ferroviaria di San Pellegrino in Val Brembana, sul treno li attende Giuseppe per accompagnarli fino a Piazza Brembana, dove vengono rilevati da un altro partigiano; un’auto li porta fino a Piazzatorre dove sono ospitati per un paio di giorni e poi a piedi, c’è già la neve, due partigiani li guidano fino alla casa cantoniera del passo di San Marco, dove vengono ospitati alcuni giorni a causa del maltempo.
Il viaggio prosegue con la scorta di due guardiafili della società elettrica, collegati al movimento partigiano, che li accompagnano fino alla successiva tappa in Valtellina.
Anche se la fuga degli Zimet si fermerà in Valtellina: l’ultima tappa, quella verso la Svizzera , si rivelerà in quel periodo impraticabile per il tradimento di alcune guide, il racconto illustra bene la rete di persone e connivenze che permette agli ebrei la fuga, ma anche i rischi e le difficoltà che questa poteva incontrare.


1 Regina Zimet – Levy, Al di là del ponte, Milano, Garzanti, 2003


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A cura della Associazione Italia Israele di Bergamo


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