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Da S. Agata ad Auschwitz di Silvio Cavati


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La testimonianza di Guido Sacerdote

Il 28 gennaio 2005, Guido Sacerdote, dopo un silenzio che si decide a rompere solo per rendere omaggio alla figura di don Bepo Vavassori, racconta al giornale cittadino l'Eco di Bergamo la sua storia di bambino di 11 anni costretto alla fuga :

A metà. degli Anni Quaranta per evitare i bombardamenti la sua famiglia riparò a San Pellegrino, ma dopo l'armistizio, 1'8 settembre 1943, si aprì una fase delicatissima.
“Mio papà Carlo mi spiegò che ci saremmo rifugiati a Santa Brigida. Ospitati da un prete: don Bepo – racconta Guido Sacerdote – Quel nome mi è rimasto impresso per sempre.
Un nome che è legato alle parole rifugio, protezione, salvezza.
A Santa Brigida eravamo ospiti in una baita dove vivevamo io, mio padre Carlo, mia madre Elsa Levi e mia sorella Luciana.
Siamo rimasti circa tre settimane, venti giorni in tutto credo.
Io ricordo che avevo una cravatta, ero l'unico bambino che portava una cravatta in un posto di montagna. Ne andavo orgoglioso e a tutti coloro che mi chiedevano, si complimentavano per la mia cravatta, mostravo il retro dove c'era il marchio Sacerdote e dicevo "Le confezioniamo noi, abbiamo un negozio a Bergamo". Qualcuno proprio per via di quel cognome sul cravattino denunciò la presenza della famiglia Sacerdote a Santa Brìgida.
“Un giorno papà ci ordinò di fare in fretta i nostri bagagli - ricorda Guido Sacerdote -. Poco dopo un taxista, amico di famiglia, ci venne a prendere. Mentre scendevamo da quei tornanti di montagna, incrociammo due vetture dei soldati tedeschi che venivano ad arrestarci”. Il racconto si spezza, c'è un silenzio.
“Sarebbero bastati pochi minuti, mezz'ora - riprende Sacerdote - se non fosse stato per quel prete che ci diede rifugio e ci invitò a scappare, oggi saremmo un numero tra le migliaia dei campi di concentramento”.
La fuga a Bergamo, il treno per Corno, il passaggio in barca sull'altra riva del lago, poi un uomo che li aiuta a rifugiarsi in Svizzera passando per le montagne.
“Riparammo da una mia zia a Lugano - aggiunge Sacerdote - e proprio sul lungolago, passeggiando con mio padre, incontrammo Bortolo Belotti. Ricordo che a Lugano c'erano anche i Mondadori”.
Tra le coincidenze c'è da evidenziare che anche Bortolo Belotti si era rifugiato proprio a Santa Brigida prima di fuggire.


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A cura della Associazione Italia Israele di Bergamo


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